Prosegue il nostro itinerario artistico al femminile. Dopo Artemisia e Rosalba, vorrei farvi conoscere un’altra artista di cui troppo poco sappiamo e che ha fatto dell’arte il suo mestiere per la vita, nonostante fosse una donna!
Lavinia Fontana nasce a Bologna nel 1552, il padre Prospero era un pittore affermatissimo e la ragazza ebbe la fortuna di crescere in un ambiente favorevole rispetto alla sua naturale propensione alla pittura.
La casa dei Fontana era, infatti, un vero e proprio punto di incontro per intellettuali ed artisti di tutto il mondo.
Prospero incoraggiò la figlia ad intraprendere la sua strada e cercò di farle proseguire la sua passione anche quando Lavinia decise di sposarsi con il pittore imolese Gian Paolo Zappi.
Ecco che per l’occasione, successe una tra le prime cose che rese Lavinia un’artista fuori dal comune.
Nel contratto di matrimonio si pose la condizione che a Lavinia fosse consentito di continuare a dipingere pure una volta sposata!
Zappi accettò la condizione, riconoscendo probabilmente la bravura della moglie e la sua superiorità artistica, tanto che rinunciò in pratica al proprio lavoro e assunse il ruolo di assistente della consorte.
Con la protezione del padre e del marito Lavinia divenne una grandissima artista, libera di potersi esprimere a pieno con la sua arte.
In poco tempo divenne molto famosa per i suoi ritratti.
Le dame di Bologna facevano a gare per avere un ritratto realizzato da lei, così come facevano dipingere i loro bambini fin da quando erano nella culla.
Lavinia non si occupò solo di ritrattistica, anche nella scelta dei temi da rappresentare non si limitò.
Nella sua produzione artistica non mancano, infatti, pale d’altare, opere a soggetto mitologico, biblico e sacro.
Incarnando la modernità di una donna dei nostri tempi, Lavinia conciliava lavoro e famiglia: ebbe undici bambini, otto dei quali morirono prematuramente.
Agli inizi del 1600 con tutta la famiglia al seguito si trasferì a Roma, dove tra i personaggi più importanti ricevette committenze dallo stesso pontefice.
Per quanto riguarda le opere religiose non furono inizialmente ben accolte: non era comune che una donna realizzasse delle pale d’altare, ma la Fontana sconfisse anche questo pregiudizio, realizzando una pala nel 1589 che finì addirittura all’Escorial.
L’ Autoritratto di Lavinia Fontana alla Galleria degli Uffizi
Facciamo però un piccolo salto indietro, tornando all’anno 1579.
In questo periodo Lavinia dipinge un importante Autoritratto, conservato agli Uffizi, dove si firma aggiungendo al suo il cognome del marito.
Nel piccolo tondo di rame la pittrice si rappresenta nello studio mentre disegna.
Questa opera le era stata richiesta dal domenicano Alfonso Chacon, un personaggio di rilievo nella Roma di Gregorio XIII, ed era destinato ad una raccolta iconografica di artisti celebri.
Lavinia rappresenta se stessa nello studio, seduta al tavolo di lavoro, mentre disegna a penna due statuette, reperti archeologici di cui è collezionista.
Indossa abiti curati, eleganti, al collo porta una grande croce. Con questi attributi si conforma ai desideri del committente, mostrandosi una donna devota e istruita
. Questo autoritratto rimase nella collezione di Chacon a lungo, a fine 1600 compare tra l’elenco dei quadri di proprietà di Ferdinando de’ Medici ed entra agli Uffizi, per nostra fortuna, nel 1773.
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