Il binomio donna e arte non ha sempre funzionato, o quantomeno questo è quello che vogliono farci credere gli uomini.
In realtà il mestiere delle belle arti riscuoteva un discreto successo anche tra il gentil sesso.
Se ad ognuno di voi chiedessi tre nomi di pittori uomini, nessuno avrebbe difficoltà a citarmeli.
E se invece vi chiedessi tre nomi di artiste donne?
Eh già, ne conosciamo pochissime.
In questa rubrica proveremo a conoscere tre diverse artiste, le cui opere sono conservate alla Galleria degli Uffizi.
La prima donna a meritare la nostra attenzione è senza dubbio Artemisia Gentileschi.
Artemisia Gentileschi e il suo riscatto con l’arte
Artemisia è la più grande di sei fratelli, l’unica a sviluppare un talento incredibile nelle arti seguendo le orme artistiche del padre Orazio.
Una dedizione completa al mondo delle arti non era quello che si sperava per una figlia femmina ma, contro ogni cliché, Artemisia perfeziona sempre di più la sua tecnica, diventando uno tra i nomi più importanti della pittura seicentesca.
Si tratta di una rivoluzione nella rivoluzione.
La nostra artista infatti, non solo si dedicherà il più possibile a questo mestiere, ma lo farà avvicinandosi all’arte che più fece scalpore in quel secolo: il realismo caravaggesco.
La veloce ascesa di Artemisia fu chiaramente motivo di orgoglio per il padre, il quale affidò la figlia sotto la guida di Agostino Tassi.
Il Tassi si rivelò un personaggio tutt’altro che positivo per la carriera e la vita dell’artista.
Invaghitosi di lei e non accettando i suoi continui rifiuti, finì con lo stuprarla.
Artemisia affrontò il processo con una ampia dose di coraggio, subendo delle torture lancinanti, ma non si fermò nemmeno davanti al dolore fisico.
Voleva vedersi riconosciuti i proprio diritti e non ritrattò mai la sua deposizione.
Terminato il processo, Artemisia si traferì a Firenze e si sposò con Pierantonio Stiattesi, un pittore di modesta levatura. Arrivata nel capoluogo toscano, fu la prima donna ad essere ammessa all’Accademia delle Arti e del Disegno, un privilegio dal valore inestimabile per l’epoca.
Artemisia agli Uffizi: Giuditta che decapita Oloferne
Proprio a Firenze, nella sala numero 91 della Galleria degli Uffizi, tra le opere più significative di Caravaggio, troviamo l’opera di Artemisia, Giuditta che decapita Oloferne.
Realizzato intorno al 1620, questo quadro può sicuramente rappresentare un richiamo all’ episodio di violenza subito dall’artista.
L’eroina della Bibbia, Giuditta, è un esempio di virtù e castità ed è rappresentata nell’atto di tagliare la testa del nemico Oloferne.
Artemisia mette in scena insieme a Giuditta anche un’altra donna, la sua ancella, che la aiuta nell’uccisione del generale.
La fonte luminosa potrebbe ridursi a quella di una semplice candela, che schiarisce l’immagine da sinistra verso destra e lascia nell’ombra lo sfondo.
Gli occhi di Giuditta racchiudono sentimenti contrastanti: orrore, vendetta e potenza.
Questo personaggio incarna la rivalsa di una donna che è scampata alla sottomissione di un uomo.
Vendetta che Artemisia non è riuscita a portare a termine ma che può mettere in atto solo nelle sue opere, così schiette e toccanti.
Per vedere l’opera di Artemisia, acquista i biglietti salta fila per gli Uffizi!